domenica 24 ottobre 2010

III rapporto Slc Cgil sull'occupazione nei call center in outsourcing



Emergenza call center: a rischio 13mila lavoratori
La Slc Cgil lancia l’allarme occupazionale per il settore dei call center in outsourcing: a rischio 13mila posti di lavoro su 67mila addetti totali, per la maggior parte giovani donne meridionali.



Nel quadro generale di una crisi economica che non ha risparmiato alcun settore produttivo, la parola emergenza sembra usurata. Ma se c’è un comparto che più di ogni altro merita di lanciare l’allarme, è proprio quello dei call center: solo un anno fa contava 75mila addetti, oggi ne sono rimasti solo 67mila, ma altri 13mila potrebbero rimanere a casa nel giro di pochi mesi. Ovvero, il comparto rischia di veder svanire a breve un posto di lavoro su quattro.
L’ALLARME OCCUPAZIONALE
Sono i dati del terzo Rapporto sull’occupazione nei call center in outsourcing, vale a dire affidati ad aziende esterne che operano in appalto, presentato dalla Slc Cgil. Dati da brivido non solo per le considerevoli ricadute occupazionali, ma anche perchè non esistono stime attendibili sulle cessazioni dei contratti di lavoro precari, e perchè incidono su una fascia di lavoratori particolarmente debole, soprattutto giovani donne del Sud. Il costo del lavoro è tra i più bassi del settore privato (-18% rispetto alla media Istat nel terziario), il 70,5% dei dipendenti ha un’età inferiore ai 40 anni con un tasso di scolarizzazione superiore alla media, il 73,5% è concentrato nelle regioni del Meridione e il 67,9% è di sesso femminile.
«Un dramma occupazionale che, in molte realtà, rischia di diventare un vero e proprio problema sociale» dice senza mezzi termini la Slc, accusando «l’assordante silenzio del governo, a cui da quasi un anno chiediamo inutilmente di aprire un tavolo per la crisi del settore», dovuta alla congiuntura economica complessiva, ma anche a problematiche specifiche. In particolare, il sindacato lamenta un rapporto squilibrato tra le grandi aziende committenti e i call center, che porta a gare al massimo ribasso con assegnazioni a valori anche inferiori ai costi minimi contrattuali, e l’assenza di una politica industriale degna di questo nome per l’intera filiera delle telecomunicazioni. A ciò si aggiungono le recenti scelte governative contenute nel decreto anticrisi: i tagli del 10% per il ministero dello Sviluppo economico, che al Mezzogiorno sottrae 2,5 miliardi di euro nel triennio 2011-2013, e il venir meno degli incentivi fiscali e previdenziali previsti dalla legge 407.
LE PROPOSTE DEL SINDACATO
Per tutti questi motivi la Slc Cgil torna a chiedere all’esecutivo di ricostituire l’Osservatorio nazionale sui call center, «esperienza positiva di confronto ed iniziativa che vedeva tutti i soggetti istituzionali e sociali coinvolti e, purtroppo, successivamente azzerata». Di riconoscere forme di sgravi contributivi alle aziende del settore che, con accordi specifici con il sindacato, garantiscano la tenuta occupazionale e lo sviluppo nonché la lavorazione in Italia delle commesse.E di determinare a livello nazionale un’unica tabella di costo medio orario per i lavoratori dipendenti del settore dei servizi di costumer care secondo il vigente ccnl, vietando di conseguenza l’assegnazione di commesse sotto tali soglie.

di Luigina Venturelli
Fonte: l'Unità