giovedì 30 aprile 2009

Una targa per ricordare Pio La Torre

Giovedì 30 aprile, a Montecitorio, il Presidente della Camera Gianfranco Fini, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dei familiari e dei parlamentari, scoprirà una targa che ricorda Pio La Torre, in occasione del 27° anniversario del suo omicidio, che recita:
Nell’anniversario della morte del deputato Pio La Torre, assassinato dalla mafia il 30 aprile 1982 durante il mandato parlamentare, la Camera dei Deputati ne ricorda il coraggioso impegno civile e politico in difesa della democrazia e della legalità. Il valore della sua testimonianza e del suo sacrificio rimane vivo nella memoria di tutti gli italiani e sostiene l’azione del Parlamento contro ogni forma di criminalità organizzata.

Franco La Torre ha commentato: "Ritengo che sia il modo più appropriato di ricordare l’impegno di mio padre nella sede istituzionale che, pochi mesi dopo la sua morte, approvò la prima normativa antimafia – intitolata al suo nome e a quello di Virginio Rognoni, all’epoca Ministro degli Interni – che ha ispirato e sostenuto l’azione delle istituzioni nella lotta contro la criminalità organizzata sino ad oggi."
In un paese che, talvolta, sembra perdere la memoria, questo è un chiaro invito a non dimenticare.

Fonte: http://www.articolo21.info

Approfondimenti:
Biografia di Pio La Torre

"Salviamo la memoria fotografica di Pio La Torre" a cura del Centro di studi e iniziative culturali Pio La Torre

Raccolta di articoli su Pio La Torre

Un libro su Pio La Torre



mercoledì 29 aprile 2009

Penalisti contro la 'salva manager': "E' da cancellare non da riscrivere"

Secondo i docenti che hanno sottoscritto il documento non basta l'impegno del ministro Sacconi: Si applicherebbe anche per il passato, ossia ai processi in corso, come Thyssen ed Eternit"

ROMA - "Qui non si tratta di riscrivere una norma, bisogna cancellarla". Contro la norma "salva manager" contenuta nel decreto correttivo al Testo unico sulla sicurezza del lavoro del governo, non usa mezzi termini il professor Giorgio Marinucci, ordinario di diritto penale all'Università statale di Milano. In particolare, bersaglio degli attacchi più duri è l'articolo 10 bis, che già si è attirato una valanga di critiche, a cominciare dal presidente Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato, insieme al presidente della Camera, Gianfranco Fini, non aveva risparmiato strali proprio contro quella norma, duramente osteggiata anche dalla Fiom, perché sospettata di portare all'assoluzione dei dirigenti della ThyssenKrupp.

IL TESTO DELL'APPELLO DEI PENALISTI

Il professor Marinucci con una settantina di colleghi "professori di diritto penale e di altre discipline giuridiche", ha sottoscritto un appello a Napolitano per puntare il dito contro una norma che "esonera da responsabilità i soggetti (datore di lavoro e dirigenti) che rivestono posizioni apicali nell'impresa: non sarebbero più obbligati - dicono i firmatari del documento - ad impedire eventi lesivi o mortali nei luoghi di lavoro quando a concausare gli eventi siano condotte colpose di altri soggetti".

"Spogliando i soggetti che rivestono posizioni al vertice dell'impresa del loro indiscusso ruolo di garanti della vita e dell'incolumità fisica dei lavoratori", affermano i giuristi, "si apporta una profonda deroga alla disciplina generale della responsabilità omissiva, disciplinata dall'art. 40 comma 2 del codice penale, stabilendo che nei reati commessi mediante violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni ed all'igiene sul lavoro i vertici dell'impresa non sono più responsabili, quando l'evento morte o lesioni personali "sia imputabile" al fatto colposo del preposto, dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori, degli installatori, del medico competente o del lavoratore".

Il timore è che venga meno il dovere di controllo da parte dei vertici delle aziende. Dunque, per i giuristi, quell'articolo non può essere riscritto, perché "finisce per creare una eccezione ad un principio del codice penale", sottolinea Marinucci, che porta come esempio la figura del direttore di giornale "che deve fare in modo di impedire reati a mezzo stampa", o il bagnino in piscina "che è garante della vita delle persone nella struttura". E nessuna legge può stabilire una deroga al principio del controllo.

I professori che hanno sottoscritto l'appello, ravvedono poi anche altri profili di illegittimità costituzionale. "In primo luogo per contrasto con l'articolo 76 della Costituzione, dal momento che la legge delega non faceva alcun riferimento ad una tale forma di limitazione di responsabilità per datori di lavoro e dirigenti, con conseguente eccesso di delega da parte del governo", poi verrebbero anche violati gli obblighi comunitari, limitando "l'esclusione della responsabilità del datore di lavoro alle sole ipotesi di intervento di fattori eccezionali ed imprevedibili". Infine per aver "irragionevolmente dato la prevalenza agli interessi del datore di lavoro rispetto a quelli dei lavoratori in un quadro costituzionale nel quale l'iniziativa economica è libera, a condizione però che non si svolga 'in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana'", così come recita l'articolo 41 della Costituzione.

A poco sono valse anche le rassicurazioni del ministro del Welfare. Maurizio Sacconi, impegnato anche oggi pomeriggio in una riunione sull'argomento davanti alla Commissione d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro. Sacconi si è detto pronto a riscrivere il testo "affinché ne sia chiara la finalità" e per definire "con certezza qual è l'ambito dell'eventuale concorso di colpa dell'imprenditore rispetto ad una responsabilità che si è rivelata prevalente nei sottoposti, dal direttore di stabilimento al preposto alla sicurezza fino anche allo stesso lavoratore".

Ma il professor Marinucci e i suoi colleghi, ricordano che "la progettata modifica normativa si applicherebbe non solo per il futuro, ma anche per il passato", ossia ai processi in corso, compresi quelli alla Thyssen e alla Eternit, "trattandosi di una disciplina più favorevole". Insomma si tratta di una norma che non può essere 'riscritta', ma che va completamente cancellata.

di Giovanni Gagliardi
Fonte: Repubblica.it



martedì 21 aprile 2009

Damiano: Governo fermi gara appalto Poste

Roma, 18 apr. - (Adnkronos) - "Vorrei chiedere al ministro Tremonti come sia possibile che Poste Italiane, di cui il dicastero del tesoro detiene il 65% delle azioni, possa indire una gara d'appalto al massimo ribasso per servizi di call center, con una base d'asta il cui valore e' gia' in partenza incompatibile con i costi di una persona assunta applicando un regolare contratto nazionale di categoria'. Lo afferma Cesare Damiano, responsabile Lavoro del Partito democratico.

“Chiediamo al ministro di fermare questa gara d'appalto e riteniamo che sia necessario un coinvolgimento anche del ministero del lavoro, che dovrebbe essere interessato al proseguimento di un cammino di crescita qualitativa del settore dei call center, gia' intrapresa dal governo Prodi”, aggiunge Damiano. Se si procede sulla strada individuata da Poste Italiane, spiega Damiano “si costringerebbe l'azienda che dovesse aggiudicarsi la gara a non rispettare le regole contrattualmente previste”.

Per il responsabile Lavoro del Pd “non e' accettabile che aziende di proprietà pubblica diventino complici di una situazione che ripropone il tema dell'uso improprio dei contratti di lavoro o addirittura del lavoro nero favorendo un ritorno di instabilita' occupazionale a carico delle giovani generazioni. Non si puo' consentire che le aziende serie e trasparenti che applicano i contratti di lavoro vengano messe fuori gioco dagli appalti al massimo ribasso che, inevitabilmente, finirebbero con il privilegiare le aziende che operano sulla base di una concorrenza sleale”. “Ci associamo alla richiesta dei sindacati e delle aziende del settore e promuoveremo tutte le azioni politiche e parlamentari necessarie per denunciare questa situazione assurda ed insostenibile e per far cambiare le scelte di Poste Italiane”, conclude Damiano.


'Le imprese contro l'appalto delle Poste: "Costi insostenibili per il lavoro"'.
Fonte: Il Manifesto del 17/04/09


'Il no dei call center alle Poste sulle gare a massimo ribasso.'
Fonte: Il Sole 24 Ore del 17.04.09


Volantino Slc-Cgil su accordo separato 15 aprile 2009

L’accordo Interconfederale del 15 Aprile, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria recita:

“Per la dinamica degli effetti economici dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria, le parti hanno individuato l’indicatore della crescita dei prezzi al consumo per il triennio - in sostituzione del tasso di inflazione programmata – in un nuovo indice previsionale costruito sulla base dell’IPCA (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. L’indice previsionale sarà elaborato da un soggetto terzo di riconosciuta autorevolezza ed affidabilità sulla base di una specifica lettera di incarico. Lo stesso soggetto procederà alla verifica circa eventuali scostamenti tra l’inflazione prevista e quella reale effettivamente osservata, considerando i due indici sempre al netto della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. La verifica circa la significatività degli eventuali scostamenti registratisi sarà effettuata dal Comitato paritetico costituito a livello interconfederale”.

TRADOTTO:

Se l’inflazione (l’IPCA è solo un modo per misurarla) nel 2010 sarà del 2%, di cui però lo 0,5% legato a Petrolio, Gas, materie plastiche, ecc. (aumenti che i lavoratori pagheranno ovviamente con l’aumento della benzina, del riscaldamento, ecc.), gli aumenti salariali potranno essere al massimo dell’1,5%.

Inoltre cosa si intende per “significatività” degli eventuali scostamenti? Che dovranno essere superiori allo 0,3%/0,4% come dice Confindustria? Cioè se lo scostamento è solo dello 0,1%, non lo si recupera?

Per stare all’esempio precedente: l’inflazione cresce nel 2010 del 2%, ma gli aumenti del salario possono essere al massimo dell’1,5% (per via della depurazione). Poi l’anno dopo (2011) si scopre che l’inflazione depurata reale è stata dell’ 1,6%, ma lo scostamento non è significativo e allora non si recupera nulla (alla fine si perde lo 0,6% del proprio potere di acquisto).

I salari con questi meccanismi saranno strutturalmente sempre inferiori all’inflazione reale!

Infine: il soggetto terzo di riconosciuta autorevolezza chi sarà? Si propone l’ISAE. Ma cosa è? L’ISAE è l’Istituto di Studi e Analisi Economica, istituito con D.P.R. n. 374/98 ed opera dal gennaio 1999 sotto la direzione e il controllo del Ministro dell’Economia (cioè del Governo, lo stesso che nel Documento di Programmazione Economica e Finanziaria indica dal 1993 l’indice di “inflazione prevista”).

L’accordo Interconfederale del 15 Aprile, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria recita:

“Al fine di governare direttamente nel territorio situazioni di crisi aziendali o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’area, i contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria possono consentire che in sede territoriale, fra le Associazioni industriali territoriali e le strutture territoriali delle organizzazioni sindacali stipulanti il contratto medesimo, siano raggiunte intese per modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi disciplinati dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria”.

TRADOTTO:

Ogni azienda, con la scusa di prevenire riduzioni occupazionali o con la scusa di favorire lo sviluppo, potrà chiedere deroghe sia sul salario (istituti economici) che rispetto alle norme sull’orario di lavoro, sull’inquadramento professionale, ecc. (istituti normativi). Sarà la giungla, con una rincorsa a pagare sempre meno i lavoratori (o a ridurre le tutele) da territorio a territorio, da azienda ad azienda. Ricattando i lavoratori (“o accetti questa deroga o troverò sempre qualcuno disposto a fare il tuo lavoro a meno”) e di fatto azzerando la funzione del Contratto Collettivo Nazionale che è proprio quella di garantire tutele minime uguali per tutti.

L’unica cosa che l’accordo Interconfederale del 15 Aprile, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria chiede in maniera chiara è che il Governo aumenti la detassazione sul Premio di Risultato. Una richiesta giusta, che alle aziende però non costa niente (si chiede al Governo di mettere i soldi). Di per sé l’accordo non prevede meccanismi per allargare la contrattazione di 2° livello, aziendale o territoriale che sia.

Infatti l’accordo del 15 Aprile 2009, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria, recita: “in coerenza con gli obiettivi individuati in Premessa le parti confermano un modello di assetti contrattuali che prevede: - un contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria con vigenza triennale sia per la parte normativa che per la parte economica; - un secondo livello di contrattazione aziendale o alternativamente territoriale, laddove previsto, secondo l’attuale prassi, nell’ambito di specifici settori, con vigenza triennale”.

TRADOTTO:

Si potranno fare accordi aziendali o territoriali di 2° livello come è adesso. Se ci sono i rapporti di forza e le condizioni si faranno accordi, altrimenti no. Insomma non c’è nessuna novità su questo punto rispetto all’accordo del 23 luglio 1993. L’affermazione che questo accordo interconfederale porterà automaticamente ad una maggiore contrattazione decentrata è quindi palesemente falsa, a meno che non si intenda che si faranno più accordi a livello aziendale nel futuro, perché si dovranno derogare i diritti minimi previsti dal CCNL (in questo caso siamo anche noi certi che saranno molte le aziende che proporranno nel futuro di sottoscrivere accordi di questo tipo).

L’accordo Interconfederale del 15 Aprile, sottoscritto da CISL, UIL, UGL e Confindustria recita:

“Qualora dopo sei mesi dalla scadenza il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria non sia stato ancora rinnovato, è previsto l’interessamento del Comitato paritetico per la gestione del presente accordo interconfederale per valutare le ragioni che non hanno consentito il raggiungimento dell’accordo per il rinnovo del contratto”. Inoltre (cfr. Allegato 1 all’Accordo) “il Comitato procede con deliberazioni nei casi di ritardata conclusione del rinnovo di un contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria, come previsto al punto 2.4. dell’accordo interconfederale e nell’ipotesi di approvazione di linee di orientamento per i comportamenti dei rispettivi organismi e dei loro rappresentati ai vari livelli”.

TRADOTTO:

Il Comitato interconfederale deciderà, al posto delle categorie e delle delegazioni trattanti di ogni settore, su una mediazione in caso di empasse nel rinnovo del CCNL (con quale conoscenza delle specificità di ogni settore, della sua storia e della vita delle aziende, possiamo immaginare). Inoltre potrà dettare anche gli orientamenti e i comportamenti che il sindacato di categoria, fino al livello territoriale e di azienda, dovranno tenere. Quanto potrà contare un lavoratore, un iscritto al sindacato, una RSU sul proprio posto di lavoro, se poi tanto decide il Comitato Nazionale interconfederale? E perché un’Associazione di Confindustria dovrebbe avere interesse a chiudere presto un contratto nazionale, se sa che poi può sempre contare su un’altra sede, dove si prendono le decisioni (e dove gli scambi possono essere più numerosi, anche su altre materie), diversa dal tavolo negoziale legittimo, quello composto dai rappresentanti dei lavoratori di quel settore?




lunedì 20 aprile 2009

Epifani: dopo la firma separata, per evitare la giungla contrattuale mano libera alle categorie

Parla il segretario Cgil
"Sfido Cisl e Uil sulla rappresentanza"


E adesso? Gugliemo Epifani, segretario generale della Cgil, sfoglia le tre cartelline con cui ha motivato per iscritto il no della sua confederazione all`accordo sulla riforma del sistema contrattuale. «Adesso bisognerebbe lasciar lavorare le categorie, senza gabbie rigide, senza quelle ingessature e quei controlli dall`alto previsti, invece, proprio dall`accordo siglato da Cisl e Uil. Che, sia detto con forza, non è innovativo, è corporativo, non estende la contrattazione di secondo livello e non porta più soldi nelle tasche dei lavoratori».

Chi lo ha sottoscritto naturalmente sostiene con altrettanta forza che è innovativo, porta più soldi ai lavoratori ed estende la contrattazione in azienda.

Io credo il contrario e, secondo me, anche i lavoratori, ma non c`è modo di sentire cosa ne pensano. Questo è un accordo che parte con un deficit di democrazia.

Però anche dal Pd (come ha fatto ieri da queste colonne Enrico Letta) le chiedono di firmare.

La Cgil firma ciò che è coerente con le sue scelte e con gli interessi dei lavoratori.

Non è che poi finisce come è accaduto a Pontedera: la Fiom non ha firmato l`intesa sui precari e il referendum tra i lavoratori ha promosso l`accordo con la stragrande maggioranza dei consensi.

Un minuto dopo l`esito del referendum la Fiom ha dichiarato che avrebbe sottoscritto l`accordo. Le consultazioni servono proprio a risolver le divergenze di opinioni. La volontà dei lavoratori è sovrana, sempre. È proprio per questo che dico: accetto la sfida, vediamo che ne pensano i lavoratori. Se sono d`accordo sulla riforma io firmo subito.

Per ora si sa che le nuove regole troveranno applicazione nei contratti degli alimentaristi e delle telecomunicazioni.Qui avete presentato piattaforme unitarie. Rimetterete tutto in discussione?

Spero di no, ma ho la sensazione che se sarà applicata rigidamente la nuova disciplina scopriremo che le richieste di alimentaristi e dipendenti delle Tlc non sono più ammissibili, non si adattano al nuovo modello. E sarà proprio la nuova super-commissione di controllo istituita dall`accordo a denunciarlo. Rifaremo tutto? Lo dico io a Cisl e Uil.

Si tratterà di adattare le richiese salariali al nuovo indice di inflazione e di modulare al meglio gli spazi di manovra della contrattazione aziendale. Forse basta un po` di buon senso...

Il buon senso avrebbe suggerito una moratoria di due anni per gestire la crisi e cambiare poi le regole del gioco. Ora vedremo: bisogna lasciare alla categorie spazi di adattamento, senza ingerenze di super commissioni dirigiste o corporative, altrimenti sarà la giungla.

Come nel caso dei metalmeccanici? Presenterete piattaforme separate?

Tocca alla categoria decidere. Se non ci sono possibilità di verifica della riforma contrattuale con i lavoratori ognuno dovrà seguire la propria via per acquisire il consenso. lo sono sicuro che i lavoratori sono con noi.

Ma così facendo costringerete l`impresa ascegliere gli interlocutori. Non rischiate un clamoroso auto-isolamento?

Semmai stiamo vivendo una vera "conventio ad excludendum" che non abbiamo voluto e non abbiamo cercato. Credo che qualcuno nel Governo abbia lavorato per questo e abbia avuto alleati anche nelle parti sociali.

Il presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, ha invitato tutti a declinare l`intesa con senso di responsabilità.

Non manca certo alla Cgil, ma temo che il sistema di regole messo in piedi dalla riforma finisca per creare un modello autoreferenziale e assaipoco innovativo. Semmai ora bisogna chiarire con Cisl e Uil in maniera risolutiva quali siano le regole tra noi condivise in tema di democrazia sindacale e di rappresentanza e rappresentatività.

Un dibattito che accompagna la vita sindacale fin dal dopoguerra. Sembra più una scusa che un tema davvero operativo.

Democrazia sindacale significa regolare il rapporto tra chi firma i contratti per tutti e i lavoratori; rappresentanza significa stabilire quale sia il peso di ogni singola organizzazione e rappresentatività vuol dire trovare un sistema di regole per esercitare l`azione sindacale sui luoghi di lavoro. Non abbiamo ancora trovato un`idea comune ma ciò non significa che questi siano temi da poco.

Deve ripartire da qui il filo dell`unità sindacale che si è spezzato?

Direi di sì. Ma ci tengo a dire che non è la Cgil a spezzare il dialogo unitario, semmai sono altri a vivere una competiziope aperta verso di noi.

Si riferisce al segretario della Cisl Raffaele Bonanni?


Certo le ultime interviste sono andate oltre.

Ha solo detto, ad esempio, che la Cgil è stata troppo tiepida nel condannare i sequestri dei manager, atti invece pericolosi.

L`enfasi posta su questo tema dei sequestri nasce da una lettura un po` sopra le righe di alcuni fenomeni accaduti all`estero. In Italia questo costume non c`è, non c`è stato e spero non ci sarà mai: durante i momenti di massima tensione delle vertenze si cerca innanzitutto il massimo di consenso delle comunità locali e qualche volta si sono occupate strade o stazioni ma nulla di più. Il sequestro dei manager non fa parte della nostra cultura oltre a essere illegale e sbagliato. Tuttavia il problema non si supera comprimendo le reazioni alla crisi, ma risolvendo innazitutto i motivi del malcontento che, in buona sostanza, significa difendere l`occupazione.

Difendere l`occupazione significa anche creare le condizioni ideali per la ripresa. Oggi serve soprattutto fiducia e la firma a un accordo sindacale importante come quello sulla riforma dei contratti crea fiducia perchè punta alla stabilità delle relazioni industriali e al rilancio della domanda interna. Insomma, in questo caso i lavoratori sono più penalizzati da un "no" che da un "si".

Ma le regole danno fiducia se sono regole condivise altrimenti possono creare il contrario. Basti solo pensare che avremo due anni di bassa inflazione poi un ritorno a tassi di inflazione più alti come conseguenza delle iniezioni di liquidità di questi mesi. Difendere gli interessi dei lavoratori significa capire già ora che il modello congegnato nell`accordo non reggerà l`urto dei prossimi anni.

Torniamo alla difesa dell`occupazione. Il Governo ha recuperato 8 miliardi per gli ammortizzatorisociali, ma anche in questo caso la Cgil ha detto che non va bene...

Abbiamo solo detto che non sono fondi aggiuntivi ma dirottati da altre inziative; che stanno arrivando con troppo ritardo; che fino a oggi non era ancora chiaro se si poteva prorogare o no la cassa integrazione ordinaria.

Ma proprio oggi (ieri ndr) sono stati firmati i IO protocollo con altrettante regioni, e nei giorni scorsi è stata annunciata la proroga della Cig ordinaria oltre le 52 settimane.

Adesso verificheremo se effettivamente è così e fino a quanto si può allungare, ma in ogni caso gli ammortizzatori devono essere accompagnati da politiche industriali chiare. E evidente che il futuro della Fiat di Pomigliano d`Arco o della Indesit o della Cai non è legato alla più o meno corretta amministrazione della cassa integrazione. Servono politiche di sviluppo, indicazioni su quale debba diventare il futuro industriale.

Che effetto le fa vedere l`amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne che tratta Detroit e sentire il presidente Barack Obama lodare il "turnaround" della Fiat?

Mi fa piacere naturalmente, del resto Marchionne è manager internazionale, ha lavorato in Canada; insomma si muove nel suo ambiente. Ma non vorrei che la questione Fiat finisse tutta ridotta ai rapporti con Chrysler. A noi servono risposte sulle fabbriche italiane: sarebbe un bello smacco se si arrivasse a rilanciare gli impianti in Polonia, Brasile, Serbia e magari anche negli Usa dimenticando quelli a casa nostra.

Ricostruzione in Abruzzo. Lei vorrebbe la tassa sui super-ricchi?

In questi casi la via maestra è sempre una tassa di scopo. E chi la deve pagare? I lavoratori a mille euro? I precari? Per la ricostruzione dell`Abruzzo serviranno molti denari, il Governo non potrà fare le nozze con i fichi secchi.

di Alberto Orioli
Fonte: Il Sole 24 ore


Approfondimenti: Nota Cgil del 27.01.09 sugli effetti dell'accordo separato



domenica 19 aprile 2009

Ultima firma sull'accordo separato

E' l'ultimo atto. Confindustria riceve Cisl e Uil per siglare l’intesa applicativa della riforma dei contratti. La Cgil partecipa all’incontro, ma non firma.

Non è cambiato niente dal 22 gennaio quando il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, convocò le parti sociali a Palazzo Chigi per chiudere la trattativa. E la stessa sera arrivò l’accordo separato che riscrive il modello contrattuale. Nel frattempo, però, la Cgil porta al tavolo i 3,5 milioni di no raccolti nel referendum tra i lavoratori.

"Con la firma di stasera dell’intesa di attuazione dell’accordo quadro separato del 22 gennaio, per quanto ne sia un atto conseguente, si conferma la scelta di un modello di assetti contrattuali non condiviso dal sindacato più rappresentativo". E' quanto si legge nel testo di una lettera consegnata dal segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.

Camusso (Cgil), confermiamo le ragioni di merito del no
“Confermiamo le ragioni di merito per cui non abbiamo firmato”. Lo assicura la segretaria confederale della Cgil, Susanna Camusso, spiegando che la posizione di Corso Italia è sempre la stessa. “Un accordo è un fatto impegnativo – afferma in un'intervista a rassegna.it –, non si può firmare se non si condividono certe scelte”. Riflette quindi sulle distanze con le altre confederazioni: “Il divario che c’è tra noi è il vero punto della questione”. Commentando l’intervista che il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha rilasciato al Corriere della Sera, respinge l’invito a invertire la rotta. “Un’organizzazione non può fare ciò che pensano le altre – a suo giudizio -, se Bonanni è convinto delle sue ragioni, non si capisce perché non va al referendum”. Ma è per tutta la stagione contrattuale, dal pubblico impiego ai meccanici, che la Cisl ha avuto “un atteggiamento incomprensibile”. E incomprensibile è anche negare il valore del referendum Cgil: “In questo modo – a suo giudizio – si nega la titolarità dei lavoratori sulle questioni contrattuali”. Nelle singole categorie, invece, “non c’è uno scenario unico”. La Cgil non presenterà piattaforme separate per i rinnovi di tutti i settori, per esempio Fai, Flai e Uila hanno già firmato rivendicazioni congiunte nel comparto agroalimentare. “Possiamo fare schemi comuni – chiarisce Camusso -, ma questi non possono recepire i contenuti di un accordo che non abbiamo firmato”.

Bonanni, siamo maggioritari, nessuna forzatura

L’accordo senza la Cgil “non è una forzatura”. Questo aveva dichiarato Raffaele Bonanni, offrendo la sua spiegazione: “Da sola la Cisl eguaglia la Cgil per iscritti attivi e insieme a Uil, Confsal, Ugl e altre sigle siamo largamente maggioritari”. La riforma dei contratti per lui è legittima. “Se poi Epifani vuole una consultazione certificata – ha aggiunto -, prima firmi e poi andremo a sentire i lavoratori insieme”.

Angeletti, ci dispiace, ma andiamo avanti lo stesso
Sulla stessa linea il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, che dichiara oggi alle agenzie: “Domani firmeremo l'accordo sui contratti già preso da un anno”. Sulla mancata adesione della Cgil “ci dispiace – spiega –, ma non possiamo fermare il mondo se loro non sono d'accordo”. Corso Italia ha partecipato a tutte le fasi del negoziato, ricorda, e sarà presente fino alla fine “per non dare alibi, hanno detto, alla sedia vuota”.

di Emanuele Di Nicola
Fonte: http://www.rassegna.it

Accordo separato sulla riforma degli assetti contrattuali (22.01.2009)

Accordo interconfederale del 15.04.09 per l’attuazione dell’accordo-quadro del 22.01.2009


Approfondimenti:
- La lettera di G. Epifani a Marcegaglia

- Gallino: "L'accordo separato colpisce il contratto nazionale"


Comunicato stampa SLC: Solidarietà a Santoro e Vauro



COMUNICATO STAMPA

I provvedimenti adottati dal Direttore Generale della Rai nei confronti di “Annozero” sono sbagliati, e ci dispiace dover affermare questo proprio all’esordio del prof. Masi in questo ruolo.

Non c’entra il merito della trasmissione e delle vignette di Vauro, con il quale si può essere d’accordo oppure no, c’entra invece l’avversione che proviamo contro le censure e le pretese di uniformare l’informazione o la comunicazione di idee e opinioni; c’entra il fatto che si censura solo chi critica e non chi nasconde la verità. Se si dovessero adottare criteri di buongusto, o di attendibilità scientifica, o di condivisione maggioritaria (o altro ancora) nei confronti dei prodotti televisivi, gli interventi sarebbero continui. Allora perché adottarne uno solo (quello “politico”)?

Non crediamo che questa sia una linea proficua per la Rai, né che sia giusto pretendere una uniformità di punti di vista in nome del servizio pubblico, il cui pluralismo è, o dovrebbe essere, garantito dall’insieme dei prodotti.

Con questo esprimiamo la nostra solidarietà a Santoro e Vauro, auspicando che il prossimo CdA assuma, sul caso specifico e in generale, orientamenti differenti.


La Segreteria nazionale SLC CGIL





martedì 7 aprile 2009

Iniziative di solidarietà per l'emergenza terremoto

CGIL, CISL, UIL Abruzzo e le Confederazioni nazionali promuovono iniziative di solidarietà per l'emergenza terremoto


CGIL, CISL e UIL Abruzzo insieme alle rispettive Confederazioni Nazionali sono pronte ad assumere tutte le iniziative di solidarietà necessarie per affrontare l'emergenza e dare un sostegno alle famiglie colpite dalla calamità.
Centinaia di volontari delle nostre Organizzazioni si sono già mobilitate per portare i primi aiuti, a partire dalla rimozione delle macerie e fornire i primi sostegni concreti alla popolazione.
Oltre agli interventi di carattere strutturale, sanitario ed abitativo, sono in tanti a disposizione anche per il sostegno ai bambini, silenziosamente provati da questa terribile esperienza.
Coloro che intendono contribuire da subito, con le proprie disponibilità, possono rivolgersi presso le strutture sindacali territoriali di CGIL, CISL e UIL che sono in collegamento con le strutture sindacali di L’Aquila per fornire le informazioni necessarie.
Intendiamo muoverci in stretto raccordo con la protezione civile con la quale abbiamo preso i contatti necessari e da cui attendiamo le indicazioni operative ed i bisogni più urgenti.
Dal mondo del lavoro di tutte le regioni pervengono attestati di solidarietà e di disponibilità ad intervenire concretamente per fronteggiare la situazione.
Insieme a CGIL, CISL e Uil Nazionale stiamo costituendo un fondo di solidarietà a sostegno dei terremotati a cui potranno aderire tutte le lavoratrici, i lavoratori, pensionati e tutte le persone di buona volontà della Regione e del Paese.



venerdì 3 aprile 2009

Lettera al ministro

Roma 1 Aprile 2009

Caro Signor Ministro,
siamo qui a consegnarle la vibrata protesta di chi il suo Governo vuol far divenire fantasma.
Perché fantasmi siamo, con il posto di lavoro minacciato dalle scelte compiute dal suo Governo e da quelle che non intende compiere. A rischio di tornare precari, a rischio di uscire a pezzi da questa crisi economica.
Siamo i lavoratori dei call center, quelli che secondo il suo Governo si devono accontentare: meglio un lavoro precario che niente, meglio un sottosalario che la fame.
Ma a noi non va bene. Non ci va bene la sua nota n.25 del 2008 con cui fa rientrare il contratto a progetto in un’organizzazione del lavoro che ha tutte le condizioni tipiche del lavoro subordinato.
Non ci va bene che non convochi più il tavolo nazionale di settore.
Non ci va bene che i servizi ispettivi da Lei dipendenti diventino dei consulenti di azienda e non dei controllori per far rispettare la legge.
Non ci va bene che svilisca il lavoro di tanti funzionari capaci ed esperti delle DPL che, casualmente, da quando lei è Ministro non vanno più in giro per call center a far rispettare norme e contratti.
Non ci va bene l’inadeguatezza degli interventi del suo Governo contro la crisi: non si rilanciano gli investimenti, le risorse per gli ammortizzatori sono insufficienti, ai nostri colleghi più deboli, che hanno subito il contratto a progetto, si da solo una modesta mancia, in caso di licenziamento.


A noi la carità non piace.

A noi tornare precari non ci va.

Dalla crisi economica si può uscire solo con più solidarietà, con più attenzione ai deboli, ai lavoratori e ai pensionati. Noi siamo qui a ricordarvelo! Noi siamo qui per ricordare a tutti che il 4 Aprile centinaia di migliaia di lavoratori sfileranno per le vie di Roma con la CGIL per non diventare FANTASMI.
Non vogliamo tornare fantasmi
Cordialmente
Un gruppo di fantasmi

Comunicato Slc Cgil del 1.04.09

COMUNICATO

Call center: lavoratori fantasmi si materializzano
contro il Ministro Sacconi


“Non vogliamo tornare ad essere dei fantasmi”. Con questo slogan è andata in scena questa mattina a Via Veneto, sotto il Ministero del Lavoro, la particolare forma di protesta di alcuni delegati di SLC-CGIL dei principali call center romani.
I lavoratori, tutti con indosso chi una maschera da fantasmi chi lenzuola, hanno consegnato alla segreteria del Ministro Sacconi le oltre 10 mila firme raccolte per chiedere il ritiro della nota 25/08 del Ministero del Lavoro che, dopo le circolari Damiano, reintroduce il lavoro a progetto come possibile contratto di lavoro nei call center. Oltre che per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla partecipazione alla prossima manifestazione della CGIL il 4 aprile prossimo.
“La risposta che il Governo da alla crisi è questa: ritorno alla precarietà, ritorno al lavoro nero, riduzione dei diritti e delle tutele. Così dalla crisi non solo non sappiamo se usciremo, ma se così sarà, ad aver pagato saranno sempre i lavoratori, a partire dai più deboli come quelli dei call center” così dichiara Alessandro Genovesi, segretario Nazionale di SLC-CGIL.
“Lavoratori che – continua il sindacalista – solo qualche anno fa, con l’impegno di Governo e Sindacati, avevano visto finalmente il loro contratto trasformato dopo anni di precarietà in contratto a tempo indeterminato. Cioè con quei diritti minimi, salariali e normativi che oggi si vogliono scardinare derogando al CCNL o introducendo nuovamente contratti illegittimi per come realmente è l’organizzazione del lavoro in queste aziende”.
“Il movimento dei fantasmi è comunque solo all’inizio e diamo appuntamento a tutti il 4 Aprile, alla grande manifestazione a Roma al Circo Massimo a difesa dei diritti, del contratto collettivo nazionale e per maggiori interventi sociali contro la crisi economica. Siamo certi che di lavoratori dei call center con su la maschera da fantasmi ve ne saranno tanti”.

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Roma 1 Aprile 2009
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