martedì 28 ottobre 2008

Lettera aperta della RSU SLC-CGIL ai lavoratori del call center di Atesia Almaviva Contact

Cara lavoratrice e caro lavoratore,
ti scriviamo questa lettera aperta affinché tu possa sapere con chiarezza cosa sta succedendo, da qualche mese a questa parte, nel settore dei call center in out sourcing.
Come CGIL dobbiamo infatti denunciare che - mentre ci battiamo per chiedere più tutele e garanzie, per chiedere che tutte le aziende rispettino il CCNL e le leggi (a partire dalle circolari del Ministero del Lavoro n. 4 e n. 8 del 2008), cioè mentre ci battiamo perchè non via sia più una competizione fatta solo risparmiando su salario e diritti - altri sindacati con la complicità di Confindustria e di imprenditori senza scrupoli vanno minacciando il nostro posto di lavoro.
Come? Accettando di derogare in peggio al CCNL delle TLC, firmando accordi che permettono di sotto inquadrare i lavoratori (assumendo centinaia di giovani per attività sia in bound che out bound al 1° livello), accettando che diverse aziende non paghino le maggiorazioni in caso di lavoro supplementare o straordinario, ecc.
Come SLC-CGIL noi abbiamo sempre - con coerenza - portato avanti un'unica linea politica e sindacale, in azienda ma anche nel settore.
Perché siamo convinti che solo con regole uguali per tutti, con un costo del lavoro identico sia che si lavori al Nord come al Sud, in un grande gruppo o in un singolo call center si difende il posto di lavoro di tutti.
E’ infatti chiaro che se c’è qualche azienda che paga di meno i lavoratori, che li sfrutta andando oltre i limiti e le tutele poste dalla contrattazione collettiva, quell’azienda vincerà le commesse su cui noi oggi lavoriamo, mettendo a rischio i nostri posti di lavoro e ogni possibile ulteriore conquista di diritti e di salario aggiuntivo.
E’ per coerenza quindi che – a differenza di altri – non abbiamo firmato accordi in Abruzzo che stabilizzavano i contratti a progetto impegnati su attività in bound con tranche fino al 2010 (!!!); che non abbiamo firmato in Calabria e in Sicilia accordi che permettono di derogare alle tutele sull’orario di lavoro e di non pagare le maggiorazioni previste in caso di straordinario o supplementare. E’ per coerenza che non abbiamo accettato che Phonemedia assumesse centinaia di ragazze e ragazzi al 1° livello del CCNL (da più di trent’anni non si inquadrano più lavoratori al 1° livello, visto che per il CCNL questo livello corrisponde ad operai generici e donne di pulizia, non agli operatori di call center… leggetevi l’art. 23 del nostro CCNL e vedrete che un lavoratore part-time a 6 ore al 1° livello prende 550 euro lordi. Quindi guardate le nostre buste paga…).
Potremmo continuare così e raccontarvi che gli unici che continuano a fare esposti perché gli ispettori intervengano contro le imprese più scorrette, siamo solo noi. Che solo la CGIL tutti i giorni continua a denunciare i grandi committenti come Telecom, Enel, BT, Fastweb, Sky ecc. che assegnano le commesse con il sistema delle gare al massimo ribasso.
Del resto come CGIL non da oggi chiediamo:
1) il rispetto del CCNL per tutti i lavoratori, vera garanzia per spingere le aziende a scommettere sulla qualità e su nuovi servizi. Basta con chi vuole fare impresa risparmiando sulla nostra pelle, mettendo lavoratori contro lavoratori, giovani contro altri giovani, donne contro altre donne;
2) il rispetto delle leggi e delle circolari del Ministero del Lavoro per stabilizzare tutti i lavoratori che sono ancora precari;
3) la responsabilizzazione dei grandi committenti, che solo se troveranno tutte le aziende impegnate a garantire uguali costi del lavoro, saranno spinti a dare commesse basandosi sulla qualità, sulla professionalità degli operatori, ecc.;
4) l’ampliamento dei diritti in tutto il settore, a partire da una contrattazione aziendale da diffondere in tutte le imprese per premiare il lavoro, investire in formazione e in crescita professionale (cioè portando tutti gli operatori di call center, in prospettiva, verso il 4° e il 5° livello);
5) l’introduzione di clausole sociali nei cambi di appalto.

Queste sono state, del resto, le parole d’ordine con cui il 19 Settembre abbiamo scioperato e manifestato a Roma, contro le imprese scorrette, per i nostri diritti, per la ripresa delle ispezioni e per una maggiore attenzione alle nostre condizioni di vita e lavoro.
SLC-CGIL porta avanti queste battaglie nella nostra azienda e in tutto il paese, perché solo stando tutti uniti, solo costruendo solidarietà tra i lavoratori di tutte le imprese di call center, saremo più forti. Saremo più forti in vista del prossimo rinnovo del CCNL (che scadrà il 31/12/08) e saremo più forti nella nostra azienda.
Aiutaci a difendere i diritti di tutti. Stai con la CGIL, da 100 anni dalla tua parte.

Roma, 28/10/2008
RSU SLC CGIL di ATESIA – ALMAVIVA CONTACT

1978-2008, i trent'anni della legge 180

Trenta anni fa, nel maggio del 1978, veniva approvata la Legge 180, detta anche “Legge Basaglia”, dal nome del famoso psichiatra che la ispirò.
Gli Anni Sessanta del ‘900 sono stati gli anni dell’Antipsichiatria, il movimento scientifico e filosofico, che contestava alla radice l’idea che il disagio mentale fosse principalmente un disturbo organico. Secondo l’Antipsichiatria e Franco Basaglia il disagio mentale, invece, nasce – in individui predisposti e più vulnerabili – da situazioni di disadattamento ed emarginazione; la follia avrebbe dunque un’origine più sociale che individuale. Da questo punto di vista l’Antipsichiatria e la Legge 180 rientrano in pieno nel clima di un’epoca di critica generalizzata al sistema economico e sociale del tempo che tendeva ad annullare le proprie contraddizioni allontanandole e nascondendole in luoghi separati proprio come i manicomi.
La ragione per cui la Legge 180 è ancora famosa in tutto il mondo, nonostante sia stata duramente criticata, è la rivoluzionaria idea di chiudere i manicomi e di restituire dignità, diritti civili e costituzionali ai malati di mente che fino allora erano stati considerati soltanto soggetti pericolosi per sé e gli altri, incapaci di intendere e di volere. Secondo Franco Basaglia il manicomio non è un luogo di cura, bensì è anch’esso all’origine di quella follia che pretende di curare. Il “matto” non è tanto il portatore di un organo – il cervello – malato bensì un essere umano sofferente che soprattutto va ascoltato. Non si tratta più – come a lungo era stata la funzione della psichiatria - di “normalizzarlo” per renderlo docile e conformista membro della comunità; il malato è una persona, che mantiene i suoi pieni diritti civili. Con le parole dello stesso Basaglia: “un malato di mente entra in manicomio come persona per diventare una cosa, il malato, prima di tutto, è una persona, e come tale deve essere considerata e curata … Noi siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere persone”.
Per maggiori informazioni sulla figura di Basaglia e sulla legge 180 visita la nostra pagina di approfondimento.

lunedì 27 ottobre 2008

Taranto, battaglia sui veleni dell'Ilva

Il ministero rimuove i tecnici anti-diossina
Sul loro tavolo c'era il futuro del più grande stabilimento siderurgico d'Europa, l'Ilva di Taranto. E la salute di centinaia di migliaia di cittadini. Avrebbero dovuto decidere, infatti, se concedere o meno alla fabbrica l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una carta necessaria per la prosecuzione dell'attività. Invece, non decideranno nulla. Il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, li ha rimossi: al loro posto ha nominato tecnici di sua fiducia. "Una decapitazione del sapere tecnico-scientifico che dà forte ragione di inquietudine" attacca il presidente della Regione, Nichi Vendola.
Che a questo punto ha deciso di fare da solo: nelle prossime settimane il governatore presenterà infatti al consiglio regionale una legge che imporrà all'Ilva, così come a tutte le altre aziende che producono in Puglia, la riduzione delle emissioni inquinanti. "Stabiliremo un cronoprogramma: più passa il tempo - dice Vendola - e più dovranno tagliare. Altrimenti saremo costretti a farli chiudere".
La decapitazione ministeriale dei tecnici è stata scoperta dai pugliesi il 15 ottobre. "Convocati a Roma ci siamo trovati davanti il nuovo presidente del nucleo di coordinamento scelto dal ministro Prestigiacomo - spiega l'assessore all'Ambiente, Michele Losappio - Stranamente, più volte e con grande enfasi, ha voluto sottolineare come le emissioni dell'Ilva siano tutte nei limiti dell'attuale normativa nazionale". "Per la prima volta poi - continua il direttore regionale dell'Arpa pugliese, il professor Giorgio Assennato - al tavolo c'erano anche i tecnici dell'azienda".
"Insomma l'aria sembra cambiata, almeno al ministero" dice invece Vendola, proprio lui che appena insediato aveva fatto proprio un piano industriale d'accordo con la famiglia Riva. L'Ilva effettivamente ha speso 300 milioni di euro per modernizzare gli impianti e ha dimostrato la possibilità di ridurre le emissioni. "Non ha mantenuto però molti degli impegni presi - continua il governatore pugliese - E soprattutto nel piano presentato al Ministero parla di riduzioni delle emissioni di diossina molto lontane rispetto alla nostra pretesa: indicano limiti tre volte superiori rispetto a quelli che noi chiediamo".
Ecco perché la Regione Puglia ha già annunciato che se le carte in tavola non cambieranno, esprimerà parere negativo al rilascio dell'Aia. Ma il parere non è vincolante. Da qui la decisione di intraprendere la strada della legge regionale. "Qui si vuol far credere - spiega ancora il presidente pugliese - che in realtà non c'è niente da fare. Che o c'è la fabbrica con tutti i suoi veleni, o c'è una salubrità mentale assediata dalla disoccupazione. Ci si mette davanti all'opprimente aut aut che o si muore di cancro o si muore di fame. Invece investendo nelle tecnologie quelle riduzioni possono arrivare. In caso contrario, meglio una vita da povero che una morte sicura".
L'Ilva negli ultimi quattro anni ha prodotto utili per 2,5 miliardi. "E approfittando del vantaggio competitivo che deriva dal non avere i rigori normativi di altre aree d'Europa farà sempre più utili" dice Vendola. "In qualsiasi parte d'Europa, Slovenia esclusa, l'Ilva fosse stata, avrebbe dovuto chiudere o abbassare le emissioni" spiega il professor Assennato. "Soltanto in Italia esiste una legge con dei limiti così alti".
Il governo pugliese, in più riprese, ha chiesto di cambiare quella norma sia al governo di centrosinistra sia a quello di centrodestra. "Mai abbiamo avuto risposte. E ora mi trovo con i dirigenti cambiati, con Emilio Riva, il padrone dell'Ilva, come socio della Cai e sempre lui come principale beneficiario della processione anti Kyoto del governo Berlusconi. Io ho il dovere di mettere tutti gli interlocutori di fronte alle proprie responsabilità".
Questo scontro istituzionale arriva dopo un altro, violentissimo, avvenuto quest'estate. Per motivare la richiesta di diminu-zione degli inquinanti, e in particolare del benzoapi-rene, l'Arpa pugliese aveva allegato una serie di analisi dell'Università di Bari. Soltanto da due anni, infatti, l'Agenzia regionale per l'ambiente sta monitorando l'Ilva. Il direttore regiona le del ministero, Bruno Agricola, ha sostenuto che "le campagne effettuate non pos sono essere ritenute valide". I criteri di rilevamento, nel 2005 e nel 2006, non avrebbero rispettato quanto previsto da una legge del 2007. In sostanza, avrebbero dovuto prevedere il futuro.
Giuliano Foschini
Fonte: http://www.repubblica.it

venerdì 24 ottobre 2008

Comunicato Rsu Slc Cgil Atesia/Fistel Cisl 24.10.2008

In data odierna si è svolto un incontro territoriale con la direzione aziendale, richiesto a seguito di un periodo di estrema confusione e incertezza che ha visto numerosi spostamenti di personale su diverse commesse, per la stragrande maggioranza a termine, nonché l’adozione da parte dell’azienda di un provvedimento di smaltimento ferie parziale. L’obiettivo era di avere risposte sulla situazione complessiva del centro produttivo di Roma e un chiarimento rispetto ad una pianificazione del lavoro nel medio periodo.
L’azienda ci ha posto una condizione di difficoltà legata al contesto complessivo economico, nonché ad un mercato sempre piu’ deregolamentato.
Il termine della commessa Tim out, una non possibile definizione dei volumi di traffico di Tim 119, l’incertezza sul territorio di Palermo legata alla commessa Alitalia (Alicos), nonche’ alcune difficoltà anche per la commessa Wind, definiscono un panorama nazionale delicato. A questo si aggiunge la non applicazione della circolare sulle stabilizzazioni e anche una criticità per tutto il settore IT.
Abbiamo continuato a chiedere quali siano gli strumenti e le strategie che l’azienda intende adottare per affrontare tale situazione e abbiamo chiesto dei provvedimenti concreti rispetto ad una gestione operativa sempre piu’ approssimativa e poco coerente.
La direzione afferma che ad oggi non ha la possibilità di un pianificazione del lavoro nel medio periodo, proprio in virtù della situazione contingente e che è nella necessità di affrontare le questioni di volta in volta.
Come rsu slc cgil/fistel cisl reputiamo incomprensibile pensare di gestire un azienda di 2500 persone senza una pianificazione poiché questo ricade sulle condizioni di vita dei lavoratori.
Pensiamo che qualunque provvedimento adottato che non sia supportato da un reale e concreto progetto a lungo termine sia necessariamente fallimentare e non risolutivo.
Ci auguriamo che le risposte che ci sono state fornite siano state parziali in previsione dell’incontro a livello nazionale che si terrà il 30 p.v. e nel quale chiederemo nuovamente risposte certe, convinti che una progettualità industriale esiste. Ma tale progettualità deve però necessariamente essere condivisa con le OO.SS. e i lavoratori tutti, cosa che attualmente non sta accadendo. In tale incontro ribadiremo che non siamo disposti a rinunciare agli avanzamenti fin qui faticosamente ottenuti con gli accordi siglati.
Rsu Slc Cgil/Fistel Cisl
Roma, 24 ottobre 2008

giovedì 23 ottobre 2008

Scuola. La Lega: "Per gli stranieri, test d’ingresso"

Un test d'accesso per gli studenti stranieri nelle scuole dell'obbligo e, in caso questo non venga superato, la frequenza in una "classe ponte", in cui si studierà l'italiano e si impartiranno lezioni di educazione. Un’educazione extrascolastica: alla legalità, alla cittadinanza, al sostegno della vita democratica, al rispetto delle tradizioni territoriali e regionali e per la "diversità morale e la cultura religiosa del Paese accogliente".
E’ quanto si chiede al governo con una mozione presentata alla Camera dal capogruppo della Lega Roberto Cota. Nella mozione appena presentata a Montecitorio si afferma che la scuola italiana dovrà essere in grado di supportare una "politica di discriminazione transitoria positiva" nei confronti dei minori immigrati "avente come obiettivo la riduzione dei rischi di esclusione". Una volta immessi di nuovo nel circuito scolastico normale - spiega il documento -, disponendo di una maggiore conoscenza dell'italiano e delle tradizioni locali, gli studenti stranieri correranno meno il rischio di venire esclusi.
Secondo la Lega, infatti, meno studenti stranieri ci sono nelle scuole italiane e meglio è anche ai fini di una loro accoglienza nella società. La densità della presenza di alunni con cittadinanza non italiana in piccole scuole - si legge nel testo della mozione - sembra non favorire livelli elevati di esiti positivi. La presenza di "molte diverse cittadinanze nelle scuole" rappresenta, per gli esponenti del Carroccio, "un fattore condizionante del complesso sistema educativo e formativo che influenza l'intera classe".

Fonte: http://www.stranieriinitalia.it

A questo proposito vedi anche l'intervista de Le Iene del 21 ottobre 2008

venerdì 17 ottobre 2008

Io cavia nel call center: cronaca di una vita precaria

Cronista assunto per una settimana come operatore per 4 euro l'ora
MILANO - Sono l'operatore 172. Ho risposto a un annuncio su Internet spedendo via e-mail il mio curriculum, e dopo il colloquio sono qui, con le cuffie in testa e il microfono che mi sfiora le labbra, a proporre a decine di titolari di partite Iva di lasciare Telecom e passare a Infostrada. Ho lavorato una settimana alla Mastercom, azienda di telemarketing e teleselling nella zona industriale di Assago, hinterland di Milano, un cubo di vetri a specchio e cemento a pochi passi dalla tangenziale Ovest, costola di un gruppo in espansione con nuove sedi a Roma e Benevento.
Dopo la selezione, ho trascorso giorni in azienda senza aver firmato nessun contratto. Ho visto i 1200 euro lordi assicurati dai selezionatori, al colloquio e nei primi due giorni di formazione, diventare 800 al mese lordi (appena 640 netti), mentre le provvigioni promesse si sono ridotte in ventiquattr'ore della metà. Ho conosciuto universitari che non ce la fanno a pagarsi gli studi, ragazzine appena diplomate reduci da altri call center, segretarie trentenni licenziate e sostituite da giovani con contratto da apprendista, laureati con titoli improvvisamente inutili. Tutti senza altra chance che essere qui.
Mi pagano 4 euro netti l'ora. Contratto di collaborazione occasionale per trenta giorni, poi a progetto. Otto ore al giorno - 4 e mezzo il part time - di fronte a un monitor che passa in automatico i dati degli abbonati Telecom da contattare. Promettono un mensile di 1200 euro e provvigioni di 20 (contratto Voce) e 25 euro (contratto con Adsl) per ogni nuovo cliente rubato alla concorrenza.
"Qualcuno qui guadagna più di me - spiega Massimo, il selezionatore, al colloquio -. La media dei contratti di ogni operatore è di 3,9 al giorno". Nessuno però spiega il trucco contabile: il calcolo dell'azienda è su 30 giorni lavorativi perché alla Mastercom si lavora dal lunedì al venerdì. Così trenta giorni, il loro "mensile", corrispondono a sei settimane. Un mese e mezzo. E i 1200 euro promessi diventano nella realtà 800 euro al mese. Lordi. Appena 640 netti. Pagati a 60 giorni. Una cifra che nessuno pronuncia mai, un equivoco che gli altri 16 ragazzi che entrano con me in azienda capiranno molto tardi.
Alla Mastercom il turnover di operatori è continuo: ogni lunedì entrano tra i dieci e i venti nuovi lavoratori, altrettanti abbandonano. Con me ci sono quattro ragazzi e 12 ragazze. Dai 19 anni di Antonella e Giovanna, appena uscite dalle superiori, ai 38 di Carla e agli "oltre 40" di Alessandra, che s'imbarazza a rivelare l'età e a dire che sta provando a riprendere a lavorare dopo nove anni, dopo un divorzio. Ci sono anche 4 stranieri: Frida che viene dal Ghana e Salomon dal Camerun, Betsy dall'Ecuador e Lidia dal Venezuela. Tutti ventenni, seconda generazione di famiglie arrivate in Italia quando loro erano bambini. Sono i nuovi italiani: scuole a Milano, ottimo italiano, ambizioni di un futuro diverso da quello dei genitori.
Molti arrivano dai call center di Monza, Cesano Boscone, Milano città, "dove si lavora 24 ore su 24, dal lunedì alla domenica, come robot". O da centri commerciali, ristoranti, locali nel cuore della movida milanese dove "una notte di lavoro, dalle 19 all'alba viene pagata 50 euro in nero a fine serata".
I primi due giorni di formazione - non retribuiti, anche se è a tutti gli effetti attività lavorativa che dev'essere pagata dal datore di lavoro - sono una full immersion di marketing e psicologia della vendita. Con qualche trucchetto per produrre di più. Uno riguarda il modem per Internet. "Si può noleggiare o acquistare - spiega chi ci istruisce - . Al telefono col cliente, abbassate la voce come se state rivelando un segreto poi sussurrate: "Guardi, glielo dico senza farmi sentire sennò mi licenziano. Lo compri, costa solo 17 euro, le conviene piuttosto che pagare 3 euro ogni mese. In realtà lo state fregando. Presto si romperà, e l'azienda non ha nessuna voglia di fare manutenzione".
Le ore passano tra simulazioni di telefonate, studio delle obiezioni che riceveremo, illustrazione dei contratti da proporre. "Dovete essere lo specchio dell'altro. Capire i desideri dell'acquirente, agire sulla parte emotiva - ci dicono - . Fare come scrive Pirandello. Cambiare ogni volta maschera. Se ci pensate, noi vendiamo sempre qualcosa: le idee, la nostra immagine, le nostre scelte".
Fino al mercoledì, terzo giorno di lavoro, nessuno vede un contratto. Così nel cortile nascono complicati dibattiti sullo stipendio, con i telefonini che si trasformano in calcolatrici. L'atrio all'ingresso è l'unico spazio all'aperto. È qui che si fa pausa per caffè e sigarette. Qualcuno dell'azienda ci vede e ci rassicura, almeno sulle provvigioni: "20 euro per contratto voce, 25 Adsl". Poi si passa in sala training e da mezzogiorno iniziamo a fare le prime telefonate. "Ricordate Full metal jacket? - dice Alex, il nostro team leader - Il soldato diceva "Il mio fucile è il mio migliore amico, è la mia vita. Senza il mio fucile io sono niente". Il nostro fucile sono le cuffie. Con loro dobbiamo saper colpire il bersaglio".
Con il nostro fucile, siamo operativi davanti ai pc senza aver firmato nulla. Come se paga, provvigioni e condizioni contrattuali fossero una variabile indipendente dal nostro lavoro. Ma ecco, due minuti prima della pausa pranzo, quando non vogliamo far altro che scappare a mangiare, arrivano i moduli per la firma. "È il contratto standard dei collaboratori occasionali" spiegano a chi si dilunga a leggere. Molti capiscono solo ora che i 1200 euro di stipendio coprono sei settimane di lavoro e non un mese. E che non è detto che le nostre provvigioni saranno di 20 e 25 euro: la terza pagina da firmare è un elenco indistinto di gettoni da 5 a 25 euro.
Per tutto il pomeriggio di mercoledì, le nostre telefonate raggiungono il segmento di clienti Telecom ULL (Unbundling local loop), quelli che sono rimasti sempre fedeli all'ex monopolista e a cui si propone il distacco totale dalla vecchia Sip. Poi, all'improvviso, giovedì, il nostro team leader blocca tutto. "Siete un gruppo molto affiatato, l'azienda vuole scommettere su di voi. Da ora chiamerete un'altra categoria di clienti".
Soddisfatto dei complimenti, tutto il gruppo - tranne tre che restano sui vecchi contratti - inizia a chiamare i "silenti", i clienti che ai tempi delle prime liberalizzazioni sono passati a Infostrada pur dovendo pagare doppio canone, e che per questo sono rimasti a Telecom. "Si tratta di convincerli a tornare", ci dicono. Partiamo con le telefonate ai Wrl (clienti fuori copertura). Per scoprire, soltanto il giorno dopo, che per questi contratti le provvigioni non sono di 18 e 25 euro ma 8 e 12 euro. Meno della metà. Nessuno ce lo dice. "Per ora è cosi" rispondono quando chiediamo spiegazioni. Ma nessuno ribatte.
E nessuno reagisce alle proteste delle persone a casa, alle offese e alle minacce di denuncia. Ci hanno insegnato che dobbiamo essere più forti delle difficoltà. Mi metto in contatto con un clic con ogni partita Iva che appare sul monitor. Da Bolzano a Siracusa, chiamo tappezzieri e pizzerie, parrucchieri e macellai, studi di architetti e avvocati, profumerie e scuole guida, imprese edili e meccanici.
"Oggi è la 14esima volta che ci chiama qualcuno" rispondono all'Oasi del capello di Broni, provincia di Pavia. "Siete ossessivi" dicono da un negozio di giocattoli di Potenza. "Bombardate dalla mattina alla sera" si sfoga un medico calabrese. Perché quando qualcuno non accetta la proposta, l'ordine non è di escluderlo dal database, ma di rimetterlo in circolo per essere richiamato tra poche ore o tra una settimana, a secondo della violenza della sua protesta. Il contrario di quanto stabilisce il Garante della privacy che dal dicembre 2006 obbliga i call center a "rispettare la volontà degli utenti di non essere più disturbati".
I miei colleghi che misurano ogni euro del loro lavoro, si accorgono così che non è tanto facile acquisire clienti. Anche se per giorni ci hanno ripetuto il numeretto magico di 3,9 contratti stipulati ogni giorno da ogni operatore. Tra mercoledì e venerdì facciamo tre contratti. Lunedì, ultimo giorno di lavoro, un paio. In fondo alla sala, sulla lavagna c'è il nome di ognuno di noi: in rosso c'è l'obiettivo che si è dato prima di partire, accanto uno smile per ogni contratto realizzato.
In queste sale non c'è il rito motivazionale che si vede in Tutta la vita davanti, il film di Paolo Virzì sul mondo dei call center, ma a ogni contratto concluso dai nuovi, c'è in sala training l'applauso dei colleghi. E così avviene nella sala grande se qualcuno raggiunge il numero di contratti per ottenere il bonus in busta paga. Un concetto ce l'hanno spiegato subito: serviamo solo se vendiamo. Perché la somma dei nostri contratti fa il risultato del team leader, i loro risultati sono il target della Mastercom col committente, Wind-Infostrada.
"Ma se l'azienda fissa gli obiettivi, mette a disposizione le sue strumentazioni e gestisce turni e assenze, si configura una posizione da lavoratore dipendente", spiega Davide Ferrario, del Nidil, il sindacato dei precari della Cgil. Dopo una settimana, il mio gruppo non esiste più. Eravamo in 17 il primo giorno, siamo rimasti in 5. L'ultimo contratto che vedo è di Luca, rimasto in sala training una settimana in più, mentre quelli arrivati con lui sono già nella sala grande. È stato 15 giorni in attesa di questo momento: contratto Adsl a una romena di 18 anni. A fine giornata, tira fuori il telefonino e immortala l'evento. Fa una foto alla lavagna col suo nome accanto al disegno di un visino sorridente.

di SANDRO DE RICCARDIS
Fonte: http://www.repubblica.it

giovedì 16 ottobre 2008

Comunicato Rsu Cgil Cisl Uil del 16/10/2008

Ancora false soluzioni

In data odierna, a seguito dell’incontro tenutosi tra l’Azienda e la RSU, è emerso uno stato di difficoltà dovuto al fatto che gli effetti della chiusura di una importante campagna quale TIM OUT (risalente a luglio!!!) che impegnava circa 300 operatori, non sono stati ancora riassorbiti dalle attività suppletive che sono subentrate.
A fronte di tale emergenza la direzione aziendale ha anticipato la possibilità di richiedere, ancora una volta, un piano ferie forzato, che riguarderà altri settori oltre a quelli già interessati (Tim Out, Tim 119, Tim Business) nella fattispecie Sky Out.
Constatiamo, purtroppo, che come sempre l’Azienda fa ricadere il rischio di impresa solo ed unicamente sui lavoratori.
L’assenza di un piano industriale, di una pianificazione del lavoro e della gestione del personale, portano l’Azienda ad adottare azioni apparentemente risolutive, che amplificano il disagio dei lavoratori e dimostrano una totale assenza di lungimiranza delle attività nel medio e lungo periodo.
Inoltre, tali soluzioni, vengono applicate dall’Azienda in maniera unilaterale senza un confronto, con le rsu, mirato all’individuazione di soluzioni alternative, condivise, e di minore impatto.
Pretendiamo una maggiore chiarezza e condivisione dei percorsi. Non avalleremo ulteriori provvedimenti di tale “carattere”. Ci adopereremo con forza, affinché tale confronto venga comunque attivato in tempi brevi.

Roma 16/10/2008
RSU Atesia/ Almaviva C
Slc Cgil/Fistel Cisl/Uilcom uil

martedì 7 ottobre 2008

Comunicato Cgil Cisl Uil del 7.10.08 su Alicos

ALICOS: PRIORITARIO SALVARE L’OCCUPAZIONE

Nella giornata del 6 ottobre a Roma si sono incontrate le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL e le Segreterie Nazionali di CGIL, CISL e UIL, con i massimi vertici dell’azienda Alicos e del gruppo Almaviva.
Durante l’incontro è emerso che:
- l’azienda Alicos ha una capacità economica ridotta e potrà garantire al massimo fino a metà novembre gli stipendi;
- è necessario che entro poche settimane si giunga ad avere rassicurazioni in relazione ai crediti vantati verso Alitalia, nonché un nuovo accordo commerciale con Cai;
- va in ogni caso garantita nella fase di passaggio la continuità del servizio e il pagamento a vista dei servizi svolti per Alitalia.
La situazione economica di Alicos – ci ha comunicato la proprietà e il management – vede infatti un’esposizione debitoria di 3,5 milioni di euro verso le banche, oltre che verso Almaviva che sta in queste settimane anticipando risorse.
Qualora i 7 milioni di euro dovessero essere svalutati dal commissario straordinario, l’azienda finirebbe in automatico in procedura concorsuale ai sensi dell’art. 2247 del Codice Civile, non potendo pianificare una strategia di rientro dai debiti verso le banche e i fornitori.
Al contempo, vista la strategicità dei servizi offerti (mediamente 2 milioni di chiamate all’anno, 500 mila biglietti venduti, ecc.) e l’alta qualità degli operatori da tutti riconosciuta, Alitalia ha deciso di continuare a pagare a vista i servizi, anche se per un tempo limitato e su cui non si ha la minima visibilità (generando ciò, ulteriori incertezze).
Si tratta di capire, oltre alla questione del recupero dei crediti, se quindi la CAI sia intenzionata o meno a stipulare un nuovo accordo commerciale con Alicos al fine di garantire anche per i prossimi anni il servizio (e quindi la commessa).
A fronte di questa situazione, come Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, insieme alle Segreterie Nazionali di CGIL, CISL e UIL, abbiamo sottolineato prima di tutto che il mantenimento dei livelli occupazionali, per un grande gruppo come Alamaviva, non può essere vincolato esclusivamente ad una difficoltà economica di 7 milioni di euro, a fronte di un fatturato complessivo di centinaia di milioni. Chiare devono essere infatti le responsabilità di tutti, a partire dall’azienda.
Quindi come Sindacato abbiamo deciso di:

1) richiedere un incontro immediato con il commissario straordinario di Alitalia, Dott. Fantozzi, al fine – nel quadro complessivo delle scelte sui crediti – di avere visibilità e certezze sul debito che la compagnia ha verso Alicos, nonché avere garanzie certe sul prosieguo, in questa fase di passaggio, delle attività svolte dall’azienda palermitana;

2) richiedere un incontro con i rappresentanti di CAI (anche in sede congiunta con Alitalia). La Cai in queste ore sta, infatti, definendo i dettagli del nuovo piano industriale, ed è nostro interesse sapere se, a fronte di un servizio necessario quale quello del call center e della biglietteria, la nuova compagnia aerea intenda mantenere un rapporto commerciale con Alicos, garantendo anche nel futuro l’occupazione. Garantire infatti la commessa per il futuro è la condizione essenziale per ogni possibile difesa dell’occupazione.
Per intanto, proprio perché consapevoli che la maggior forza negoziale di Alicos verso Alitalia e Cai è data dalla capacità di mantenere buoni livelli di servizio e continuità nell’erogazione, invitiamo le strutture territoriali di categoria e confederali, le RSU ed i lavoratori al massimo di mobilitazione fuori dai turni di lavoro, organizzando presidi sotto la Regione e sollecitando le istituzioni locali, i parlamentari nazionali e membri di governo siciliani a fare sentire la propria voce nei confronti di Alitalia, Cai e Governo Nazionale.
Nelle prossime ore sarà inoltre comunicata una data ravvicinata per una riunione delle RSU di Alicos, da tenersi a Palermo con le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL.
Roma, 3 Ottobre 2008
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL
Le Segreterie Nazionali di CGIL, CISL, UIL

Comunicato Cgil Cisl Uil del 3.10.08 su Alicos

ALICOS: FUTURO DEI 1600 LAVORATORI DI PALERMO E’ TEMA DI RILEVANZA NAZIONALE. IN TROPPI SOTTOVALUTANO DRAMMA SOCIALE IN CORSO.

Garantire il futuro dei 1600 dipendenti di Alicos, call center di Palermo che lavora per Alitalia, è una questione di rilievo nazionale. Oggi sono a rischio tutti e 1600 i posti di lavoro. Si tratta di giovani ragazze e ragazzi con un contratto a tempo indeterminato, molti neo genitori che a Palermo difficilmente potranno trovare un nuovo lavoro.
Siamo cioè alle prese con un dramma sociale di proporzioni enormi e che in troppi stanno sottovalutando.
Come Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, insieme alle Segreterie Nazionali di CGIL, CISL e UIL siamo già impegnati a fare il massimo, per ottenere da tutte le parti in causa le necessarie garanzie. Garanzie tanto sui crediti passati che sulla continuità dei rapporti commerciali con la nuova compagnia aerea.
Già lunedì, al riguardo, è in programma un incontro con la proprietà di Alicos e del gruppo Almaviva al fine di fare un punto sui diversi problemi aperti. Quindi, subito dopo l’incontro, sarà convocata una riunione con le RSU, non escludendo che dopo il confronto di lunedì possano essere chiesti specifici tavoli con i diversi soggetti in campo sulla vicenda Alitalia.
Per intanto invitiamo le RSU ed i lavoratori di Alicos a mettere in campo tutte le possibili azioni di sensibilizzazione verso la Regione e l’opinione pubblica, con manifestazioni e presidi a fine turno presso le principali istituzioni locali.

Roma, 3 Ottobre 2008
Le Segreterie Nazionali
SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM-UIL