Montezemolo a chiusura del suo mandato come Presidente di Confindustria, con il nuovo quadro politico, attacca duramente il sindacato italiano. E’ chiara ormai la strategia di Confindustria e dei poteri forti in Italia.
“A te che sei bravo: non ti ammali, lavori tanto, fai tanti straordinari e non chiedi mai ferie o permessi, ti do un bel premio senza pagarci tasse, e lo faccio senza che gli altri tuoi colleghi ed il sindacato lo sappiano. Pensa senza un solo minuto di sciopero ti do questi soldi mentre il sindacato ti chiede di lottare per te e gli altri e pure l’iscrizione!”
Come dire ammazziamo la contrattazione nazionale e la solidarietà tra lavoratori.
Il sindacato in questi anni evidentemente non è stato in grado, anche grazie ai modelli di relazione industriale, di recuperare l’inflazione e la produttività. L’analisi deve essere seria e deve rivedere in profondità le ragioni dell’insuccesso. Senza dimenticare che la società ha avuto un’involuzione forte, sempre più proiettata al risultato individuale. Questo però non significa che i più grandi soggetti sociali del paese, con milioni di iscritti siano da abbattere in nome della MODERNITA’: concorrenza e individualismo esasperato. A noi questa sembra una teoria di una sola parte e non nell’interesse dei lavoratori.
Le organizzazioni collettive sono state create proprio per mettere sullo stesso piano, IL PADRONE, colui che possiede i mezzi della produzione, ed I LAVORATORI, coloro che prestano la loro opera dietro pagamento del salario. Ridurre la forza contrattuale del sindacato vorrebbe semplicemente perdere progressivamente i diritti conquistati in cento anni, buttare a mare sofferenze e morti per l’emancipazione delle masse. Rendere inefficace la contrattazione collettiva e con essa i soggetti di rappresentanza, semplicemente vuol dire dare in mano ai padroni come Tripi il potere di fare e disfare.
Se questa opera sarà completata, con una Cgil depotenziata, ridimensionata e privata del contratto nazionale, si ripartirà con l’attacco all’ARTICOLO 18 dello STATUTO DEI LAVORATORI (tutela per i licenziamenti senza giusta causa). Baluardo che permette ai lavoratori di organizzarsi ed essere rappresentati senza rischiare il licenziamento.
Secondo noi è proprio questo l’obiettivo dei padroni, CANCELLARE LO STATUTO DEI LAVORATORI anche abbattendo la CGIL che nel 2002 resistette con 3.000.000 di donne e uomini in piazza all’attacco dell’Art. 18.
I padroni vogliono un sindacato accondiscendente, che si occupi di servizi al lavoratore, che si impegni solo per favorire i propri iscritti: spostamenti, carriera, ferie; e che soprattutto non si occupi più di diritti e salario!
Anche per questo vi chiediamo di sostenerci, un voto dato alla CGIL, in qualsiasi azienda, soprattutto in una come Atesia, paradigma della precarietà, è un voto dato al futuro dei diritti di tutti le lavoratrici e lavoratori italiani.
Il sindacato va normalizzato. In particolare l'anomalia CGIL! Troppo conflitto, troppa contrattazione, troppa resistenza contro i modelli sociali liberisti.
La teoria sarebbe che i padroni capiscono i propri operai più del sindacato; meno male che ci sono idee nuove in Italia…a noi però sembra di averle già sentite!!! A questo si uniscono una serie di pseudo libri d’inchiesta che definiscono i sindacalisti una casta; ormai si sputa su tutto ciò che è rappresentanza collettiva, colpendo così nella mischia mediatica anche ciò che di buono c’è ancora nel nostro paese. “Perché non utilizzare l’ondata populista per togliersi qualche sassolino dalle scarpe?!”
Niente di più facile; dopo che i padroni hanno definito inaccettabile il testo sulla sicurezza, nato sull’evidenza delle stragi bianche, si annunciano provvedimenti che renderanno inoffensivo il sindacato con il plauso dei padroni come la defiscalizzazione degli straordinari e dei premi individuali dati unilateralmente dall’azienda.“A te che sei bravo: non ti ammali, lavori tanto, fai tanti straordinari e non chiedi mai ferie o permessi, ti do un bel premio senza pagarci tasse, e lo faccio senza che gli altri tuoi colleghi ed il sindacato lo sappiano. Pensa senza un solo minuto di sciopero ti do questi soldi mentre il sindacato ti chiede di lottare per te e gli altri e pure l’iscrizione!”
Come dire ammazziamo la contrattazione nazionale e la solidarietà tra lavoratori.
Il sindacato in questi anni evidentemente non è stato in grado, anche grazie ai modelli di relazione industriale, di recuperare l’inflazione e la produttività. L’analisi deve essere seria e deve rivedere in profondità le ragioni dell’insuccesso. Senza dimenticare che la società ha avuto un’involuzione forte, sempre più proiettata al risultato individuale. Questo però non significa che i più grandi soggetti sociali del paese, con milioni di iscritti siano da abbattere in nome della MODERNITA’: concorrenza e individualismo esasperato. A noi questa sembra una teoria di una sola parte e non nell’interesse dei lavoratori.
Le organizzazioni collettive sono state create proprio per mettere sullo stesso piano, IL PADRONE, colui che possiede i mezzi della produzione, ed I LAVORATORI, coloro che prestano la loro opera dietro pagamento del salario. Ridurre la forza contrattuale del sindacato vorrebbe semplicemente perdere progressivamente i diritti conquistati in cento anni, buttare a mare sofferenze e morti per l’emancipazione delle masse. Rendere inefficace la contrattazione collettiva e con essa i soggetti di rappresentanza, semplicemente vuol dire dare in mano ai padroni come Tripi il potere di fare e disfare.
Se questa opera sarà completata, con una Cgil depotenziata, ridimensionata e privata del contratto nazionale, si ripartirà con l’attacco all’ARTICOLO 18 dello STATUTO DEI LAVORATORI (tutela per i licenziamenti senza giusta causa). Baluardo che permette ai lavoratori di organizzarsi ed essere rappresentati senza rischiare il licenziamento.
Secondo noi è proprio questo l’obiettivo dei padroni, CANCELLARE LO STATUTO DEI LAVORATORI anche abbattendo la CGIL che nel 2002 resistette con 3.000.000 di donne e uomini in piazza all’attacco dell’Art. 18.
I padroni vogliono un sindacato accondiscendente, che si occupi di servizi al lavoratore, che si impegni solo per favorire i propri iscritti: spostamenti, carriera, ferie; e che soprattutto non si occupi più di diritti e salario!
Anche per questo vi chiediamo di sostenerci, un voto dato alla CGIL, in qualsiasi azienda, soprattutto in una come Atesia, paradigma della precarietà, è un voto dato al futuro dei diritti di tutti le lavoratrici e lavoratori italiani.
Roma, 21 aprile 2008
RSU Slc Cgil Atesia/Almaviva C.
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