Azzerato il potere delle rappresentanze sindacali,
ma a dissociarsi è solo la Fiom
Marchionne è ovviamente molto contento, parla di “bel momento per i lavoratori” e assicura che l’investimento “partirà in tempi brevi”. La soddisfazione dell’amministratore Fiat è lecita perché la novità più rilevante dell’intesa di ieri è tutta di politica sindacale e con un colpo solo, infatti, Marchionne ottiene più risultati.
Innanzitutto, con la fuoriuscita dall’Associazione degli Industriali, non è più costretto a riconoscere il contratto nazionale siglato da Federmeccanica. Quel testo è cosa “d’altri”, alla Fiat non interessa più e quel sindacato che volesse ricorrervi per contestare le intese aziendali si troverebbe con le armi spuntate. In secondo luogo abolisce in fabbrica le relazioni sindacali stabilite dall’accordo tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil del 1993 – quelle con cui vengono elette le Rappresentanze sindacali unitarie. A Mirafiori non saranno più valide e i sindacati riconosciuti sono solo quelli che firmano l’intesa. Niente più Rsu, cioè delegati eletti da tutti i lavoratori e titolari anche della contrattazione aziendale, ma ripiego sulle Rsa, le rappresentanze sindacali aziendali che vengono nominate da ciascun sindacato e che non hanno alcun potere contrattuale.
Su questo si concentra la determinazione della Fiom, che a Mirafiori è il primo sindacato – e che non sarà rappresentato nella nuova joint-venture – a non firmare l’accordo. “È un fatto gravissimo, ci dice Airaudo, perché si stabilisce che a rappresentare i lavoratori sono solo quei sindacati che sono d’accordo con l’azienda”.
Dal canto loro, Fim e Uilm, se hanno scelto di accettare quello che non andava bene il 3 dicembre, il contratto separato e l’uscita da Confindustria, è perché si sentono rassicurate dalla Fiat che ha specificato che “qualora Confindustria recepirà i contenuti dell’accordo di ieri allora la Fiat, cioè la new.co, rientrerà” nell’associazione degli industriali. Un modo per affermare la priorità del testo torinese su tutta la contrattistica nazionale. Per Marcegaglia uno smacco e una sconfessione esplicita.
Ottenuto il punto fondamentale, i dirigenti Fiat al tavolo della trattativa, guidati dall’inossidabile Rebadeungo hanno aperto con molta timidezza ad alcune delle richieste del sindacato. E così la pausa mensa, che Fiat voleva porre a fine turno, come a Pomigliano, rimarrà all’interno dell’orario di lavoro ma solo fino a che la Joint Venture non andrà a regime.
Per quanto riguarda l’assenteismo la “mediazione” finale prevede che la Fiat si limiterà a non pagare “solo” i primi due giorni di assenza malattia, invece dei primi tre, riservandosi però un’ulteriore sanzione dopo sei mesi in seguito al monitoraggio sull’assenteismo operato da un’apposita commissione. Le pause, invece, scendono a 30 minuti e i dieci minuti verranno risarciti con 32 euro mensili. Scatta poi la “clausola di responsabilità” per tutti i dipendenti che si impegnano, alla firma del contratto, di rispettare l’accordo, altrimenti saranno soggetti a sanzioni. Per quanto riguarda i turni vengono introdotti i dieci turni settimanali (due per 5 giorni) che saliranno a 12 (due turni di straordinario) a seconda dell’andamento del mercato. Le ore di straordinario obbligatorie per i dipendenti saranno 120 l’anno (15 sabati lavorativi) 80 in più rispetto alle 40 previste fino ad oggi dal contratto nazionale. Il numero dei turni può crescere fino a 18 (tre turni per 6 giorni la settimana); in quel caso il turno del sabato notte può essere trasformato in permesso oppure lavorato in cambio di una maggiorazione salariale.
“Abbiamo portato a casa l’accordo possibile e pensiamo di aver fatto il massimo”, dice il responsabile auto della Fim, Bruno Vitali, ponendo l’accento sull’importanza dell’investimento da un miliardo, mentre la Fismic parla di “accordo di portata storica”. “Con questo accordo – dice ancora il segretario generale della Uil, Angeletti – l’Italia ha la possibilità di tornare ad essere un grande produttore di auto”. Prende le distanze dall’intesa, invece, il Pd con il suo responsabile economico, Fassina, che parla di “accordo regressivo”.
L’accordo passa ora al vaglio dei lavoratori che saranno chiamati a un referendum nel mese di gennaio. La discussione in fabbrica si potrà tenere dal 10-12 gennaio, quando finirà la cassa integrazione e si potranno svolgere riunioni più o meno formali. A queste condizioni e dopo la minaccia di Marchionne – “se il 51% vota contro non facciamo più l’investimento” – è difficile che il No possa prevalere.
La Fiom non farà una campagna di opposizione e si limiterà, come ha fatto a Pomigliano, a definire “illegittima” la consultazione perché lesiva di diritti “superiori” (il contratto nazionale, la malattia, lo sciopero). “Ma in ogni caso abbiamo già deciso al nostro Comitato centrale una giornata di sciopero del gruppo Fiat e quindi ora la utilizzeremo”.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it