Il nuovo modello per i rinnovi economici dei Contratti Nazionali di Lavoro, proposto da Confindustria, peggiora i diritti economici dei lavoratori, soprattutto con riferimento alla tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni.
I cambiamenti proposti da Confindustria al modello contrattuale in vigore sono TRE e su ogni punto c’è una perdita secca di reddito per i lavoratori e le lavoratrici:
1. Il rinnovo economico del Contratto, verrà basato su di un valore punto predefinito per tutti i settori (Chimici,TLC, Metalmeccanici, Commercio, Bancari, ecc) e sarà attestato mediamente a 15,74 euro, che risulta, tra il 10% e il 30% più basso del valore punto attualmente adottato dal Sindacato nei singoli settori di cui sopra (mediamente è infatti pari a 18 euro). Se proiettassimo il nuovo metodo di calcolo di Confindustria sui quattro anni di contratto appena passati, otterremmo, che la perdita attribuibile alla riduzione del valore punto è di circa 951 EURO per ogni lavoratore/lavoratrice.
2. L’inflazione con cui si rinnovano i contratti di lavoro verrà depurata (diminuita) della componente energia. Sostanzialmente si sottrae al valore dell’inflazione con cui si rinnovano i Contratti di Lavoro la percentuale di inflazione determinata dall’aumento del costo dell’energia importata dall’estero (Petrolio, Elettricità, Gas).
Se proiettiamo questa proposta di Confindustria nel periodo 2004-2008, succede che l’indice generale inflattivo registra una crescita media annua del 2,5% mentre quello depurato dell’energia del 2,1%. Questo avrebbe significato per ogni lavoratore/lavoratrice una ulteriore perdita di circa 406 euro da aggiungere a quella del punto 1.
3. Confindustria, inoltre, ha previsto nel nuovo modello, che, il recupero dell’inflazione può avvenire solo sulla base di uno “scostamento significativo” senza però definire cosa è e quanto è uno “scostamento significativo”. Tale elemento, lascia margini di perdita di potere d’acquisto in base alla definizione di “significativo”: ad esempio, se lo scostamento fosse dello 0,3%, con un parametro ritenuto “significativo” di Confindustria di 0,4%, ciò comporterebbe una perdita di 1,2 punti in quattro anni, ovvero 258 euro per ogni lavoratrice e lavoratore da sommare alle perdite dei punti 1 e 2.
Bisogna ricordare, inoltre, che grazie al modello di Confindustria il problema della cosiddetta inflazione importata e, nello specifico, il problema dei costi dell’energia importata, ricadrebbe solo sui lavoratori dipendentie per ben 4 volte:
• la prima pagando le bollette dell’energia di casa,
• la seconda pagata al benzinaio
• la terza volta pagata con la crescita dei prezzi al consumo
ed ora grazie a Confindustria anche con:
• una penalizzazione economica negli aumenti di stipendio derivanti dal rinnovo economico del contratto nazionale di lavoro.
Quanto sopra esposto, può essere raffrontato con la dinamica effettiva delle retribuzioni registrata dall’Istat tra il 2004 e il 2008 in cui l’applicazione del Protocollo del 23 luglio1993 (con parametro di riferimento l’inflazione attesa) ha portato una crescita del potere d’acquisto dei salari contrattuali di 2,1 punti in 5 anni. Se tornassimo indietro nel tempo ed applicassimo il modello proposto da Confindustria, registreremmo una perdita cumulata di –2,2 punti, equivalente a –1.357 euro (punto 1 + punto 2) a cui andrebbe aggiunta la eventuale perdita del punto 3 una volta che venisse definita compiutamente da Confindustria.
In breve, anche se Confindustria sostiene che i salari nominali dovrebbero crescere da qui al 2011 di 2.503 euro, secondo le nostre stime dovrebbero invece crescere di 3.357 euro. Tra i due modelli c’è una differenza in meno per ogni lavoratore/lavoratrice di 854 euro, di cui 453 euro sulle sole retribuzioni da contratto nazionale.
Questo avendo sempre a mente che sui dati certi, relativi al passato (2004-2008), senza margini di errori previsionali, si è registrata un aumento reale delle retribuzioni contrattuali di 443 euro a fronte della perdita che invece si sarebbe avutase fosse stato applicato il modello Confindustria, perdita pari a –674 euro.
Quindi, considerato il mancato guadagno, la perdita per ogni lavoratore/lavoratrice, sarebbe stata pari a –1.117 euro complessivi.
I cambiamenti proposti da Confindustria al modello contrattuale in vigore sono TRE e su ogni punto c’è una perdita secca di reddito per i lavoratori e le lavoratrici:
1. Il rinnovo economico del Contratto, verrà basato su di un valore punto predefinito per tutti i settori (Chimici,TLC, Metalmeccanici, Commercio, Bancari, ecc) e sarà attestato mediamente a 15,74 euro, che risulta, tra il 10% e il 30% più basso del valore punto attualmente adottato dal Sindacato nei singoli settori di cui sopra (mediamente è infatti pari a 18 euro). Se proiettassimo il nuovo metodo di calcolo di Confindustria sui quattro anni di contratto appena passati, otterremmo, che la perdita attribuibile alla riduzione del valore punto è di circa 951 EURO per ogni lavoratore/lavoratrice.
2. L’inflazione con cui si rinnovano i contratti di lavoro verrà depurata (diminuita) della componente energia. Sostanzialmente si sottrae al valore dell’inflazione con cui si rinnovano i Contratti di Lavoro la percentuale di inflazione determinata dall’aumento del costo dell’energia importata dall’estero (Petrolio, Elettricità, Gas).
Se proiettiamo questa proposta di Confindustria nel periodo 2004-2008, succede che l’indice generale inflattivo registra una crescita media annua del 2,5% mentre quello depurato dell’energia del 2,1%. Questo avrebbe significato per ogni lavoratore/lavoratrice una ulteriore perdita di circa 406 euro da aggiungere a quella del punto 1.
3. Confindustria, inoltre, ha previsto nel nuovo modello, che, il recupero dell’inflazione può avvenire solo sulla base di uno “scostamento significativo” senza però definire cosa è e quanto è uno “scostamento significativo”. Tale elemento, lascia margini di perdita di potere d’acquisto in base alla definizione di “significativo”: ad esempio, se lo scostamento fosse dello 0,3%, con un parametro ritenuto “significativo” di Confindustria di 0,4%, ciò comporterebbe una perdita di 1,2 punti in quattro anni, ovvero 258 euro per ogni lavoratrice e lavoratore da sommare alle perdite dei punti 1 e 2.
Bisogna ricordare, inoltre, che grazie al modello di Confindustria il problema della cosiddetta inflazione importata e, nello specifico, il problema dei costi dell’energia importata, ricadrebbe solo sui lavoratori dipendentie per ben 4 volte:
• la prima pagando le bollette dell’energia di casa,
• la seconda pagata al benzinaio
• la terza volta pagata con la crescita dei prezzi al consumo
ed ora grazie a Confindustria anche con:
• una penalizzazione economica negli aumenti di stipendio derivanti dal rinnovo economico del contratto nazionale di lavoro.
Quanto sopra esposto, può essere raffrontato con la dinamica effettiva delle retribuzioni registrata dall’Istat tra il 2004 e il 2008 in cui l’applicazione del Protocollo del 23 luglio1993 (con parametro di riferimento l’inflazione attesa) ha portato una crescita del potere d’acquisto dei salari contrattuali di 2,1 punti in 5 anni. Se tornassimo indietro nel tempo ed applicassimo il modello proposto da Confindustria, registreremmo una perdita cumulata di –2,2 punti, equivalente a –1.357 euro (punto 1 + punto 2) a cui andrebbe aggiunta la eventuale perdita del punto 3 una volta che venisse definita compiutamente da Confindustria.
Conclusioni
In breve, anche se Confindustria sostiene che i salari nominali dovrebbero crescere da qui al 2011 di 2.503 euro, secondo le nostre stime dovrebbero invece crescere di 3.357 euro. Tra i due modelli c’è una differenza in meno per ogni lavoratore/lavoratrice di 854 euro, di cui 453 euro sulle sole retribuzioni da contratto nazionale.
Questo avendo sempre a mente che sui dati certi, relativi al passato (2004-2008), senza margini di errori previsionali, si è registrata un aumento reale delle retribuzioni contrattuali di 443 euro a fronte della perdita che invece si sarebbe avutase fosse stato applicato il modello Confindustria, perdita pari a –674 euro.
Quindi, considerato il mancato guadagno, la perdita per ogni lavoratore/lavoratrice, sarebbe stata pari a –1.117 euro complessivi.
SLC CGIL ROMA E LAZIO
CGIL, SEMPRE DALLA TUA PARTE
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